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Salvatore Velotti

ShaOne ovvero un mito scianchinato del Writing e per questo umano

By Tiziano Manna27/05/2023Giugno 19th, 2023No Comments

Mito deriva «Dal greco mỳthos (“parola, racconto”), una narrazione di particolari gesta compiute da dei, semidei, eroi […] Caratteristica essenziale del mito è che esso si sia diffuso oralmente prima di essere scritto, e che si perpetui nella tradizione di un popolo»[1].

Parlare di ShaOne è proprio parlare di un essere mitologico, che ha compiuto gesta importanti per lo sviluppo del Writing in Italia e di cui si è discusso, per oltre quarant’anni, soltanto oralmente, prima che questo testo ne raccogliesse la produzione e provasse a fare un primo ordine del suo materiale che mai era stata tentata prima. Il fatto stesso che tutta la vecchia scuola italiana lo conosca ma che al tempo stesso lo abbia percepito come un essere sfuggente, per le sue rare apparizioni ad eventi e manifestazioni, per le scarse e ricercatissime pubblicazioni su fanzine e riviste (tutte però sempre di eccellente fattura) ha contribuito ancora di più alla creazione di questo mito. Considerare che poi egli abbia realizzato il suo primo pezzo nel 1981 riscrive completamente la storiografia del Writing italiano, spostando da Milano a Napoli il luogo di nascita del fenomeno in Italia e portandolo ancora più indietro nel tempo, rispetto a quanto sino ad ora si era creduto, di almeno 3 anni. Il pezzo in questione è stato realizzato su una saracinesca, come se all’epoca fosse impensabile usare le bombolette di vernice spray su una superficie che non fosse metallica, come la fiancata di un treno o per le carrozzerie delle auto o le recinzioni e i cancelli in ferro.

Lo stesso ShaOne, da noi interpellato sull’argomento, ha dichiarato di essere stato attratto, sin dalla fine degli anni Settanta, da produzioni americane come film, serie tv, documentari, music videos, che accennavano al fenomeno o che lo avevano come sfondo scenografico, e di esserne rimasto affascinato tanto da voler riprodurre ciò che vedeva.
Molto probabilmente vivendo nella zona alta di Napoli e in linea d’aria poco distante dalla Base NATO di Bagnoli aveva una corsia preferenziale nella ricezione dei segnali televisivi americani.

Tra le sue influenze principali ShaOne cita, in ordine cronologico, pellicole come The Warriors di Walter Hill (I Guerrieri della Notte, 1979, Paramount Pictures), Fame di Alan Parker (Saranno Famosi, 1980, prodotto da David De Silva e Alan Marshall), Malcolm McLaren – Buffalo Gals (Video musicale di Malcolm McLaren e The World’s Famous Supreme Team, 1982 Island/Atco/Atlantic) e Rock Steady Crew – Hey You (Video musicale della Rock Steady Crew, 1983 Virgin Records). Tutte produzioni effettivamente antecedenti alla diffusione del fenomeno in Italia che pare partire – come dimostrano le innumerevoli referenze bibliografiche e autobiografiche – dal 1984 in poi e per la cui verifica non posso non ringraziare Pietro Rivasi, vera enciclopedia vivente del Writing italiano, secondo me e molti altri il massimo studioso e conoscitore del settore.

La tag ShaOne deriva da Shanghai, contrazione cui è stato poi aggiunto “one” a indicare “l’antichità del mito” diremmo ora, ovvero, per usare un linguaggio più street e consono, l’appartenenza alla vecchia scuola del nostro eroe. Shangai non è stato un omaggio alla città asiatica, ma un traslato del napoletano: «[…] i fianchi, che per la nota mutazione nostrana del fl in sci, diventano scianche, dando luogo agli aggettivi sciancato e scianchinato»[2], che ha lo stesso significato in italiano, di persona claudicante o che comunque deambula a fatica; soprannome che gli diedero amici e conoscenti nel vederlo sia ballare la break-dance, sia per il suo andamento particolare che imitava i pionieri del Rap, quella camminata da poser del ghetto che però in Italia e ancora di più a Napoli ancora non si era vista. Capiamo quindi che la tag, anche nella sua contrazione, non è nata pensando alle lettere e a come si sarebbero composte nell’insieme sequenziale ma ad altro, persino lontano dal Writing stesso eppure afferente alla cultura Hip Hop in generale, caratteristica tipica dei writers di vecchia generazione (mentre i più giovani, in molti casi, pensano già alla composizione del nome per esteso e cercano magari le lettere più efficaci e più eclettiche alla deformazioni tipiche del wildistyle[3]).

ShaOne però è un uomo fortunato e le tre sue lettere sono bellissime e messe in una sequenza giusta, riempiendo lo spazio e offrendosi a varie deformazioni senza che se ne intacchi la leggibilità. L’influenza di ShaOne sulla scena napoletana dovrebbe essere oggetto di indagine da parte di studiosi e ricercatori dediti al fenomeno. Se quella di Polo e Zemi (R.I.P. fratello) è nota, andrebbe approfondito il percorso figurativo di ShaOne, anche con i recenti messaggi grafici che sta pubblicando su Instagram nel momento in cui scrivo questo testo, con quello di Cyop e Kaf ma anche di Iabo e delle loro figure stilizzate ma dense di messaggi politici e critici della società contemporanea, così come al tempo stesso andrebbe ricercato un possibile legame tra questa grafia ossessiva, pur sempre ricercata ma comunque semplificabile in scrittura, e l’abitudine, almeno per un certo periodo, di Jorit a inserire frasi nei suoi iper realistici ritratti giganti. Tutti questi writers, street artist e muralisti citati fanno parte della crew KTM e quindi hanno avuto il privilegio di un contatto diretto con ShaOne a differenza di tanti altri e, in qualche modo, ne avranno con molta probabilità subito l’influenza nei loro lavori.

L’influenza più forte che certamente possiamo trovare è nei pezzi di Eno, altro writer della KTM, che nel periodo degli anni Novanta e primi Duemila ha sviluppato un wildstyle con caratteristiche proprie ma evidentemente influenzato dallo stile di ShaOne. Possiamo considerare Eno il suo massimo epigono (considerando questo termine nella sua accezione mitologica, così come abbiamo iniziato questo testo, di “erede” e “continuatore” dell’attività altrui piuttosto che nel significato più comune dell’italiano di oggi)

Credo di poter dire che questa pubblicazione che avete tra le mani ora sia l’omaggio più significativo, sino ad ora prodotto, alla qualità umana più che artistica del nostro eroe, sempre generoso e riconoscente delle capacità degli altri writers, perché se è vero che il wildstyle è la “poetica dell’indipendenza”[4] è anche vero che, come vedrete dai numerosi bozzetti realizzati in dedica ad altri writers, il nostro eroe “si abbassa” a rendere onore alle generazioni più giovani, facendoci capire che il mito lo abbiamo creato noi poveri e semplici compositori di lettere, mentre la divinità è spesso più umana di chi la considera come irraggiungibile.


1. Treccani.it – Enciclopedia online.
2. Renato de Falco, Alfabeto Napoletano, sesta edizione riveduta e ampliata, Colonnese Editore, Napoli 2002, p. 601-602.
3. Secondo la definizione tratta da https://www.graffiti.org/faq/graffiti.glossary.html un wildstile è: «Uno stile complesso che si compone di numerose frecce e connessioni. Il wildstyle è considerato uno degli stili più difficili da padroneggiare e i pezzi realizzati secondo lo stile wildstyle sono spesso decisamente illeggibili per i non-writer».
4.Alessandro Ferri a.k.a. Dado, Teoria del Writing. La ricerca dello stile, PerofessionalDreamers, 2016, p. 147.

Come citare questo testo

Velotti, S., (2023). ShaOne ovvero un mito scianchinato del Writing e per questo umano, in ShaOne, Remixed Media 1980–2020, a cura di Michele Pesce, ShowDesk Edizioni, Napoli.


Autore

Salvatore Pope Velotti, vesuviano classe 1977, Writer dal 1992, ha dedicato la sua vita a Writing, Street Art, Urban Art e Muralismo Contemporaneo agendo come account e project manager.

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